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Aggiunto da il 2013-01-31

Francesco Barbato, deputato dell’IDV, non usa mezzi termini: “Bersani e Vendola hanno responsabilità politiche evidenti sul dramma del caso Ilva di Taranto”.

E’ la notizia riportata sui principali quotidiani italiani che Pierluigi Bersani nel 2006 prima di diventare ministro dello Sviluppo Economico ha ricevuto 98mila euro come finanziamento diretto dal gruppo Riva in vista delle successive Politiche che porteranno la coalizione di centrosinistra al governo. “Colui che si candida a Premier e alla guida del nostro Paese ha ricevuto soldi e pressioni dal proprietario dell’Ilva per mettere a tacere il troppo zelante deputato del PD della Seta che chiedeva che venissero rispettate le leggi ambientali – tuona Barbato – Bersani metta in chiaro che rapporto ha con imprenditori che evadono e ammazzano il territorio, i cittadini e il lavoro. E’ evidente che Riva distribuiva soldi a destra e a sinistra per fare l’imprenditore al di fuori e al di sopra della legge”. Il deputato Barbato non salva nessuno neanche Nichi Vendola, Presidente della Regione Puglia: “E’ inconcepibile che un Governatore di Regioni si adoperi diciamo così tanto per fare fuori il direttore generale dell’Arpa Puglia Giorgio Assennato tentando di sconfessarne il lavoro anti-Ilva. Lo stesso sistema usato per la sanità. Basta sentire le intercettazioni tra Vendola e Tedesco, l’uomo di D’Alema e quindi grande supporter di Bersani. Cambiare la legge a piacimento per fare spazio agli amici rappresenta il modo di governare del sistema Vendola-Bersani. E’ inquietante che questi siano gli uomini del futuro governo ”. Il deputato ha presentato un’interrogazione per fare luce su questa vicenda che infittisce ancora di più la trama sul caso Ilva. Sulla vicenda Ilva, la notizia, divulgata sul Fatto, del finanziamento diretto dell’industriale Riva a Pierluigi Bersani. Si, proprio l’attuale segretario del Pd, che nel periodo in cui riceveva il finanziamento di 98.000 euro (2006-7) era ministro dello sviluppo economico. Cifre e rendicontazioni ufficiali, niente di oscuro o di non certificabile. Solo che se nel 2007 il finanziamento diretto di Riva a Bersani poteva passare inosservato oggi è qualcosa che si nota come un grattacielo in un giardino.

Il significato politico, inutile girarci intorno, è pesante: il ministro dello sviluppo economico riceveva finanziamenti dal proprietario di una azienda che avrebbe dovuto controllare. C’è quindi da chiedersi quali controlli, tra il 2006 e il 2008, il ministro Bersani ha attivato nei confronti delle acciaierie Ilva. Impianti su cui l’Organizzazione mondiale della sanità aveva denunciato la grave pericolosità dal ’97 (epoca, anche quella, di governo di centrosinistra). Cosa faccia Bersani oggi, a fronte di una fabbrica che “produce” oltre mille morti l’anno, lo sappiamo: ha chiesto l’intervento del governo “formale e informale” nei confronti della sentenza del Gip di Taranto e un atteggiamento che “rassicuri gli investitori esteri in Italia”. Evidentemente, per Bersani, i Riva devono venire anche dall’estero.

Quello che sta accadendo è di una chiarezza cristallina: da un lato Ilva sta producendo ogni tipo di ricorso possibile contro la procura di Taranto, e il provvedimento di sequestro di una fabbrica che produce un numero di decessi record in Europa, dall’altro il governo si sta attivando per delegittimare la sentenza sull’Ilva. Chi parla di mediazione istituzionale sull’Ilva dovrebbe tener quindi conto che il governo è da una parte sola. La posizione di Vendola, presidente della Puglia, è di conseguenza impiccata ai comportamenti del PD. Non può inimicarsi il maggiore alleato nazionale e locale, specie dopo un accordo elettorale raggiunto, e quindi non ha margini di manovra nel confronti di un finanziatore storico e certificato del segretario Pd: il proprietario dell’Ilva, Felice Riva.

Vendola ha fatto quindi di necessità virtù: ha dichiarato che l’Italia “non può rinunciare all’acciaio”. Parole che contrastano perlomeno con la seconda “e” di SEL che starebbe per ecologia. Ora, i verdi tedeschi, che sono stati anni al governo, non è che hanno chiuso le acciaierie. Ma nemmeno hanno fatto in modo di far colare l’acciaio a prescindere da, non diciamo centinaia di morti all’anno come a Taranto, piani di riduzione delle emissioni inquinanti semplicemente impensabili in Italia. Tra le tante parole rilasciate dal presidente Vendola manca poi lo scopo che si prefiggono le istituzioni locali pugliesi. Esiste un piano particolareggiato della regione Puglia per la riduzione dei decessi, per portarli a zero, entro quando? L’impressione è che più si entra nel dettaglio e nella realtà più le poetiche narrazioni di Vendola franano. Anche perchè il sequestro della procura di Taranto è frutto di una ordinanza, al momento, che rende difficili e fantasiose le mediazioni. Infatti il ministro Clini si è lamentato anche della facoltà dei magistrati di poter giudicare sui materiali da adoperare nel possibile “risanamento”. Segno che i margini di aggiramento dell’ordinanza del gip al momento sono pochi.

Ma Clini è il ministro che, al telefono, è stato definito “nostro” dai dirigenti dell’Ilva. Uno di questi è stato arrestato per tentativo di corruzione di un perito del tribunale di Taranto. E tra tutte queste dichiarazioni sull’acciaio e sugli investitori esteri nè il governo nè la regione Puglia hanno speso una parola sui comportamenti dell’Ilva.

Va detto che Clini e Vendola un accordo l’hanno trovato: sul finanziamento all’Ilva “per la bonifica” di oltre 300 milioni di euro a carico dello Stato e con il contributo economico della Regione Puglia. C’è un dettaglio di non poco conto: pare proprio, a meno di clamorose smentite, che in quest’opera di bonifica non ci sia un’euro dell’Ilva. Se è così siamo in aperta violazione dell’art. 174 del Trattato Ce e del Decreto legislativo n. 152/2006 (Codice dell’Ambiente) che prevede l’obbligo di intervento economico dell’inquinatore. Obbligo che è difficile, come ha detto il ministro Clini, attribuire le cause di quello che sta accadendo adesso invece ad un periodo precedente all’Ilva.

C’è un ultimo aspetto da non trascurare: Vendola è ufficialmente sotto inchiesta della magistratura pugliese per favoreggiamento in un concorso. Vicenda che, sul piano dell’immagine nazionale, può pesare specie se continua. Un presidente della regione in questa condizione cos’è? Un soggetto oggettivamente condizionato dalla magistratura o uno che cerca di sfruttare l’occasione Ilva per condizionarla? Intanto una intercettazione telefonica tra membri della famiglia Riva riporta questa frase, a commento delle richieste ufficiali di dati su quello che accadeva all’Ilva “vendiamogli fumo, diciamo che va tutto bene”. Ecco il profilo sociologico dei finanziatori dell’ex ministro Bersani oggi segretario del Pd. L’indispensabile alleato di Vendola, ci mancherebbe.

E’ proprio vera la massima “follow the money” cioè : segui la pista del denaro e tutto si chiarirà, anche per i “ciechi più ostinati”.

Falco Brianzolo